Varanasi: il rito della cremazione sulla riva del Gange

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Varanasi sorge nello stato dell Uttar Pradesh, in India, e si estende da nord a sud sulla riva del Gange (la sua posizione è ottima per ammirare splendide albe e tramonti sul fiume). Varanasi è la Città Sacra degli Induisti ed ogni giorno migliaia di persone giungono qui per immergersi nel sacro fiume Gange.

IL MITO DI VARANASI

Secondo la religione induista a Varanasi, il dio Shiva passò un periodo di intensa meditazione per cercare di liberare gli esseri viventi da quel circolo di nascite e rinascite conosciuto come Samsara, nel quale tutti sono intrappolati. Si dice che la sua meditazione fu così profonda da far affossare il terreno sul quale sedeva.
Il dio Vishnu, compiaciuto e allo stesso tempo stupito per la devozione di Shiva e per la sua compassione nei confronti degli esseri viventi, decise di manifestarsi al suo cospetto. In quella circostanza Shiva chiese a Vishnu di garantire la salvezza a tutti gli esseri umani che si fossero recati almeno una volta nella loro vita nella città sacra di Varanasi. Il dio Vishnu accolse la sua richiesta. Shiva chiese inoltre che venissero liberati dal ciclo eterno di morti e rinascite, tutti quei fedeli che fossero giunti a Varanasi da morti. Il dio Vishnu prese così la testa di Shiva tra le sue mani e la scosse in segno d’affetto. Così facendo, l’orecchino di Shiva cadde al suolo ed il punto esatto in cui si posò fu chiamato Manikarnika.

IL MANIKARNIKA

Oggi il ghat di Manikarnika (i ghats sono le lunghe rampe di scale in pietra che terminano nell’acqua del fiume Gange) è noto anche con il nome di “burning ghat” (ghat ardente), dal momento che fin dall’alba dei tempi, i corpi dei defunti vennero portati in questo posto sacro per essere cremati.
Qui infatti vengono cremati ogni giorno fino a 250 corpi e le pire funerarie sulla riva del Gange ardono 24 ore su 24.  Persone da tutti i paesi dell’India giungono a Varanasi con i corpi dei loro cari, per dare loro l’ultimo saluto prima che si ricongiungano a Madre Ganga.

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IL RITUALE DI CREMAZIONE

Il corpo del defunto viene ripulito per poi essere avvolto in un sudario arancione per gli uomini, o bianco per le donne e i bambini. E’ poi trasportato lungo i ghats su una specie di barella fatta di canne di bambù. Il corpo viene quindi immerso nel fiume Gange per la purificazione e poi lasciato sul ghat ad asciugare. Si registrano poi i dettagli della morte della persona per stipulare successivamente il certificato di morte. Sono i membri maschi della famiglia del defunto che si prendono cura del corpo, insieme ai Dom, gli induisti che lavorano nei ghats di Varanasi e che gestiscono le cremazioni.  Si decide quindi la quantità di legna da acquistare, insieme alla canfora: gli unici materiali infiammabili utilizzati durante la cerimonia.

Sarà il figlio maggiore del defunto a svolgere i riti di purificazione: dovrà radersi la testa completamente, procedere con le abluzioni ed indossare tuniche bianche per la cerimonia. Nel frattempo i Dom preparano la pira. Il figlio maggiore (qualora non ci fosse viene sostituito dal membro maschio più anziano della famiglia) cammina 5 volte intorno alla pira in senso antiorario, per ricordare il ritorno del defunto ai 5 elementi della natura. Dopodiché acquista il fuoco dal “re dei Dom”, il custode di quel fuoco sacro che arde costantemente in un braciere tra le mura di un tempio nel ghat di Manikarnika. Non vi è un prezzo definito per il fuoco, la somma viene stabilita in base allo stato economico e sociale della famiglia del defunto.

A questo punto viene utilizzato il fuoco sacro per dare inizio alla cremazione; il corpo inizia a bruciare, e tutti restano in silenzio. Nessuno piange o esprime segno di sconforto, perché si pensa che ogni rumore o lamentela possa disturbare il processo di trasmigrazione dell’anima. Per questo motivo le donne non sono ammesse.

Dopo circa 3 ore il corpo è completamente bruciato, il cranio viene spaccato con una canna di bambù per far uscire l’anima così che possa volare in cielo insieme al fumo. Le ceneri ed il resti del defunto vengono raccolti e poi gettati nel Gange.

 

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