Insolita Varanasi: il mio giro in barca all’alba sul Gange




Alba sul Gange a Varanasi

Varanasi alba sul Gange

Sto per portarvi in India, a scoprire l’alba sul Gange nella città di Varanasi.
Una città dai mille contrasti, mistica e macabra, meravigliosa e sconvolgente, ma che mi ha fatta innamorare.
Vi voglio raccontare la mia personale esperienza, quello che ho visto con i miei occhi durante un insolito giro in barca al levar del sole sul fiume Gange. Buona lettura!

L’alba sul Gange: un nuovo giorno comincia a Varanasi

La sveglia suona alle 4 e mezza del mattino.
C’è silenzio, o meglio, non si sente il solito vociare della gente, ma nell’aria risuonano soltanto il cinguettio di qualche uccello mattiniero e le urla stonate delle scimmie che probabilmente si stanno rincorrendo, aggrappandosi ai cavi della corrente per passare da un tetto all’altro.

Voglio vedere la vita che comincia in questa città che odora di morte, voglio vedere il sole che si eleva all’orizzonte sul fiume sacro e con i suoi raggi illumina la città mistica di Varanasi.

Con facilità trovo un uomo che per poche rupie mi consente di fare un giro panoramico sul fiume, al levar del sole. Non sarà lui a condurre la precaria imbarcazione in legno, ma un signore anziano.  Il suo viso è segnato da molte rughe che probabilmente si sono formate per la miriade di sorrisi che negli anni ha regalato alla gente. Avrà trasportato migliaia di persone, spingendo i remi con le sue ormai esili braccia. Qui arrivano persone da ogni angolo del mondo, e quando non conosci la lingua di chi ti si presenta di fronte, il sorriso è l’unico saluto che conosci, è un “ciao” universale, ed il più bello.

La barca procede lentamente, allontanandosi dai ghat della città, e mano a mano che ci si sposta, l’unico suono che si sente è lo scrosciare dei remi sull’acqua.

Allontanandomi dalla riva vedo Varanasi da un’altra prospettiva

In lontananza si vedono i fumi neri dei corpi che bruciano: a Varanasi i rituali di cremazione non si fermano mai, è un rito eterno, che si ripete ininterrottamente 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, da secoli. E continuerà ancora nei secoli a venire. Anche Varanasi è una città eterna, un po’ come Roma, in un modo tutto suo. A vederla da lontano sembra quasi un’apparizione, un miraggio, un sogno. Sembra che sia sempre stata lì, appoggiata con i suoi colori sulle sponde di un fiume che dall’alba dei tempi le dona la vita, la rigenera e che poi si riprende con se i corpi di chi ha terminato il suo percorso terreno, per condurli ad una nuova vita chissà dove.

Dopo una buona mezz’ora passata a farmi cullare dalle timide onde del Gange, l’anziano signore si ferma, solleva il braccio e indica l’est.

Una piccola palla infuocata si sta sollevando all’orizzonte, facendosi strada tra la vegetazione dell’altra riva del fiume e la foschia. Intanto sulla sponda occidentale, gli edifici cominciano a tingersi di una luce nuova, mentre le persone scendono i gradini per avvicinarsi all’acqua.

Ed ecco che la città riprende vita

Alcune donne, tenendosi con la mano il lungo sari per non inciampare sulle ripide scalinate del ghat, procedono verso la riva del fiume. Trasportano, in equilibrio sulla testa, degli enormi fagotti contenenti un mucchio di vestiti appallottolati. Una volta giunte sul gradino più basso del ghat in prossimità dell’acqua, snodano il fagotto, ed estraggono gli abiti, la biancheria e le lenzuola.  Immergono poi tutto nel fiume per fare il bucato.
Di fianco le vacche brucano l’erba e la melma che si forma tra le pietre in riva al fiume, cercando tra i rifiuti qualcosa di commestibile.
Poco oltre, uomini donne e bambini si immergono in acqua, per fare un bagno rinfrescante prima di cominciare la giornata, altri compiono riti purificatori, sollevando le mani ricolme di acqua e porgendole verso il sole, in segno di ringraziamento. 
C’è poi chi si lava nel Gange.

La giornata ha inizio con questi riti quotidiani che si ripetono ogni mattina, chissà da quanti secoli.
Chi si occupa dei defunti getta, poco distante, i resti dei cadaveri consumati dalle fiamme. Tutto avviene nella stessa acqua che viene utilizzata per fare il bucato, per il proprio igiene personale o per rinfrescarsi. C’è chi si lava i denti nel fiume, o chi lo fa di fianco ad un enorme tubo in cemento che trasporta gli scarichi fognari della città.

Mi sembra tutto così strano.

L’anziano signore decide di fare una sosta “non prevista” sulla sponda opposta del fiume, che da lontano non sembra altro che un’enorme discarica a cielo aperto. Una striscia sottile di sabbia bianca si intravede sotto cumuli interminabili di rifiuti. Un bambino, scalzo, porta sulle spalle un grosso cesto di vimini mentre, aiutandosi con un bastone, scava tra l’immondizia alla ricerca di qualcosa di utile. Forse sta cercando del cibo, forse dei vestiti…non ho idea di che cosa si possa trovare in quell’infinito ammasso di scarti.

Avvicinandosi alla riva però, scopro che quella che credevo fosse una discarica a cielo aperto, è una specie di località balneare alternativa per gli abitanti del posto. Le famiglie indiane arrivano in gruppi numerosi su enormi barche di legno e si siedono sulla riva. Fanno colazione con cibo che avevano precedentemente preparato e riposto in enormi sacchi di plastica. Per l’occasione vengono allestiti dei banchetti momentanei con bibite rinfrescanti, ed il mio timoniere di fiducia, ne approfitta per fare una siesta. Mi invita a togliermi le scarpe, scendere dalla barca e camminare scalza sulla riva del fiume, per rinfrescarmi i piedi camminando tra i rifiuti.

Mi slaccio le scarpe, le lascio sulla barca e scendo, mettendo per la prima volta i miei piedi nudi nel Gange.

Sono l’unica turista occidentale e per questo motivo vengo accolta da una miriade di saluti, persone che mi sorridono e ragazzini che chiedono un “selfie”.
Dev’essere davvero raro vedere una turista bazzicare scalza in questo posto, ma non mi sento a disagio pur avendo mille occhi addosso, mi fa piacere vedere la curiosità negli occhi delle persone intorno a me…in fondo anche io sono curiosa come loro.

Dopo un’insolita passeggiata sul bagnasciuga, l’anziano signore mi fa cenno di tornare alla barca e ricomincia la navigazione di ritorno verso Varanasi.

La città sembra un dipinto

Gli edifici, le scalinate, le guglie colorate dei templi e le persone si riflettono simmetricamente nell’acqua. Si crea così un effetto simile a quando, con la punta del pennello intingi il disegno precedentemente fatto a matita. Riesci così a dargli forma e movimento, in un gioco di luci e colori, di ombre e contrasti. 

2 commenti to “ Insolita Varanasi: il mio giro in barca all’alba sul Gange”

  1. Teresa dice:Rispondi

    L’India è stato il mio ultimo viaggio prima che scoppiasse la pandemia; ci è piaciuta veramente tanto ma purtroppo non siamo riusciti a visitare Varanasi per motivi di tempo. Spero di riuscire a farlo, prima o poi!

    1. Free Soul On The Road dice:Rispondi

      Potessi ci tornerei subito perché, anche io, nonostante tutto, l’ho amata tanto. Ti auguro davvero di riuscire a visitare Varanasi perché è qualcosa di unico…forse è la meta che mi ha affascinata di più del mio viaggio in India

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